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Dolci, paste, taralli e baccalà: il mio itinerario gastronomico

Da "Il Mattino" - "Dolci, paste, taralli e baccalà: il mio itinerario gastronomico" a cura di Eugenio Spagnuolo

Se deve raccomandare letture su Napoli, Raimondo Di Maio editore e libraio (Dante & Descartes), viene colto da un leggero spaesamento. Non il solito spaesamento. Ma proprio proprio "Spaesamento" di Jean Paul Sartre, un libro che Di Maio ha pubblicato qualche anno fa e che gli sta particolarmente a cuore. Un libro piccolo e ricchissimo. Forse l'unico tentativo mai riuscito di portare l'esistenzialismo fino ai Quartieri Spagnoli. Con quel che ne consegue. "E poi - spiega ancora Di Maio - quella meravigliosa descrizione che Malaparte fa ne "la Pelle" delle mura di Santa Barbara a Pendino." Per il resto, Di Maio, che nella sua collana Napoli in 32esima pure pubblica i migliori scrittori napoletani (sono in arrivo Antonella Cilento, Giuseppe Montesano, Giorgio Caproni e Armando Audali), dimentica per un attimo il suo lavoro e si immerge in un itinerario gastronomico. A cena dunque "Alla Sanità, al "Gallo d'Oro" una delle poche vere osterie rimaste in città. Accogliente e alla buona. Cose tipiche e genuine che nessuno ha la pazienza di mettersi a cucinare in casa. Baccalà, fritture. Prezzi modici, altro che slow food. E gli inverni riscaldati da una brace per tavolo." Una brace per tavolo? "Diciamo una bacinella di alluminio riempita di carboni ardenti, che finisce sotto il tavolo, invenzione geniale in mancanza di riscaldamento. Ma in quel posto tutto è straordinario. Il parcheggio è una vecchia, immensa grotta scavata nel tufo. Vale una visita a sé." Rimaniamo alla Sanità? "Per la pizza di O'Riccio, accanto al Gallo d'Oro o per provare la migliore pasticceria della città: Petricelli. Dolci e paste buonissimi, e anche qui prezzi giusti. Come da quello straordonario che è Poppella, sulle scale 'e Maruccella" C'è una ragione per cui ama tanto questi posti?"Conservano intatta la propria identità, sono accessibili, suggestivi, unici: è un'altra Napoli insomma. Lei ha anche pubblicato libri di gastronomia "Uno l'ho dedicato a Mario Avallone, e alla sua Officina Gastronomica Partenopea. Fucina di invenzioni culinarie che non rinunciano ai sapori tradizionali. Tutta roba presa al mercato, pietanze di stagione, nessuna forzatura nei confronti della natura". E a chi parte per il weekend che cosa consiglia?"300 km e si va in Calabria, nella Sila piccola. Lunghe passeggiate tra i monti per lasciarsi assalire da un benefico senso di solitudine." In Campania, invece?"Continuo la ricerca gastronomica spingendomi fino all'Irpinia. Il miglior vino - glielo assicuro - è quello che imbottigliano i contadini di Atribalda."

Il Gallo, 1820 l'ultima cantina

Da "La Repubblica" - "Il Gallo, 1820 l'ultima cantina" a cura di Antonio Corbo

Nel ricordo di Gegè Di Giacomo i percussionisti fanno impazzire il "Bolivar". De Piscopo domina la batteria; Gegè dal cielo, come una buona stella, guida fino alla pizzeria "Il Gallo". Quadri al neon dell'Addolorata e San Vincenzo, ritratti sfumati di osti che non ci sono più, la targa "Minicone anno 1820". Due metri di bontà, per i poveri pane e cicoria dei suoi orti, quanto verde c'era, oggi solo case incrostate una nell'altra, tra Sanità e Materdei, alle Fontanelle. Rosario generoso e mite è l'erede di una leggenda lunga 189 anni. Rosalia dolce e arguta entrò a 14 anni, ora è nonna. Paste con fagioli o ceci, stocco lesso o baccalà fritto, sono passati tutti gli artisti del "Bolivar", pizze soffici, Rosario le fa lievitare per un giorno, la "cafona" con pomodoro, aglio, basilico e peperoncino meritava l'urlo di Gegè:"Canta Napoli".

Abbuffate addio ora ci aspetta l'ignobile diet

Dal "Resto del Carlino" - "Abbuffate addio ora ci aspetta l'ignobile dieta" a cura di Serafino D'Onofrio

"Abbiamo preparato anche le pettole. Speriamo di vederci l'anno prossimo". Rai 3 trasmette le immagini di Natale di tanti anni fa. Ecco uno spezzone del '59 (c'era la stessa inflazione di oggi). La trasmissione è rivolta agli italiani emigrati in Svizzera. Una famiglia emozionata è in cucina. La signora delle pettole (pallottole di pasta lievitata molto morbida, fritte nell'olio bollente, di cui sono ghiotte le popolazioni dell'Itlalia sud-orientale) saluta i familiari, in un italiano stentato. Poi la telecamera inquadra su un bambino magrissimo (il collo denutrito balla nel colletto della camicia), che ingoia la saliva e dice: "Cara zia, buon Natale. Io sto bene e sono diventato anche capoclasse".Sono state feste gastronomicamente impegnative. Sfuggiti al freddo di Bologna (-13°), arriviamo a Napoli (+14°) e ci sembra di sbarcare ai Caraibi. Dopo qualche scaramuccia in friggitoria, la sera del 23 Dicembre, apriamo ufficialmente le ostilità all'osteria del Gallo. Un locale antico, nel rione Sanità Si parcheggia in una grotta di tufo profondissima, utilizzata come rifugio durante la guerra. Ci scaldiamo con i bracieri e mangiamo una pasta e patate con la provola che è degna di Giorgio Napolitano. La cena della Vigilia, a Formia, è impreziosita da cotolette di lampuga e polipetti affogati. Per il pranzo di Natale a casa di Mammà, il solito festival dell'ipocrisia. Prima dei "primi" una tazza di brodo con le polpettine. Masticandole, tutti esclamano "Che delizia, questo brodino apre lo stomaco!". Per Santo Stefano, anziché comprarla e per mangiarne di più prepariamo una grande cassata. Alle 13 del 31 dicembre, brindisi intellettuale (mortadella e prosecco) con Bifo e Bonaga, all'Osteria del Sole. Salutiamo il 2009 cenando a Casalecchio con gli amici di sempre. A casa mia, invece, la sera del primo giorno dell'anno, c'è una merenda-cena, con gli amici di sempre (quelli della sera prima). Trionfano i dolci natalizi della Terronia. Divoriamo sei vassoi struffoli dolci e coloratissimi, che finiscono prima dell'Epifania. Sono costretto a preparare una doppia dose di roccocò. Dopo le feste, ci attende una meritata, ignobile, tristissima dieta. Il giorno della Befana, Rai 3 trasmette le immagini del Natale di oggi. La trasmissione è rivolta ai mantovani emigrati in Emilia Romagna. La telecamera inquadra Flavio Delbono magrissimo (il collo denutrito balla nel colletto della camicia), che ingoia la saliva e dice: "Cara zia, buon Natale. Io sto bene e sono diventato anche capoclasse (sindaco)".

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